Basta con il "giocatore pensante"!
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  • Immagine del redattoreMondo Calcistico

Basta con il "giocatore pensante"!


Parto da qualche piccola premessa: Il "giocatore pensante" è un qualcosa che viene insegnato in parecchi corsi ed è una caratteristica che viene ricercata da osservatori e dirigenti. Vi chiedo di leggere TUTTO per capire bene quello che sto per scrivere e per non essere frainteso.

Da quando ho sentito la questione del "giocatore pensante" ho ragionato sulla mia esperienza da calciatore (sia di Calcio a 11 che di Calcio a 5). Io ero un giocatore pensante? Cosa vuol dire? Che pensavo mentre giocavo? Che pensavo mentre avevo la palla al piede? Sinceramente non ricordo tutti questi "pensieri" da calciatore. Io guardavo il gioco, guardavo i miei compagni, guardavo gli avversari e agivo di conseguenza. Come potevo mai avere il tempo di riflettere (soprattutto nel Calcio a 5) se il gioco era in continuo movimento? Io avevo una buonissima predisposizione nel dribbling. Appena avevo la palla puntavo l'uomo. Ma non ho mai pensato "Se l'avversario fa questo, io faccio quest'altra cosa". Se dovevo saltare l'uomo lo saltavo, erano questioni di attimi.

E mi metto nei panni del portiere. Come può un portiere "pensare" se gli arriva un tiro da distanza ravvicinata o un tiro che ha subito una deviazione?

E come può un attaccante centrale pensare se il pallone è lì, in area di rigore, pronto ad essere calciato? Nei corsi che ho seguito si parlava tanto di questo "giocatore pensante" ma ho sempre avuto dubbi a riguardo. Sia chiaro. Il mio pensiero non riguarda il fatto che il calciatore agisca sempre d'istinto, che non ragioni o altro. Il mio dubbio riguarda il fatto che con un calcio così veloce e dinamico, con un calcio così atletico e fisico, con un calcio in cui non si può più, come accadeva 30-40 anni fa, controllare il pallone e poi decidere cosa fare, come si può passare una partita a pensare? Sì, puoi pensare quando sei lontano dalla palla, dall'azione. Puoi pensare per capire come oscurare l'avversario o come risolvere dei problemi che l'avversario ti pone. Ma questo non è quello che in tanti definiscono "giocatore pensante".

A questo mio dubbio che mi porto dietro da un po', mi ha aiutato Matteo Cioffi (è stato allenatore del settore giovanile della Fiorentina) in un libro di cui a breve farò la recensione. Cioffi ha parlato proprio del "giocatore pensante", in termini che mi sono piaciuti e che mi hanno convinto, perché ha dato risposta a quei dubbi a cui non riuscivo a dare risposta.


Cioffi parla del fatto che non ci sia un "pensiero" ma una "percezione". Il calciatore, quindi, riconosce determinate situazioni e agisce di conseguenza. Cioffi suggerisce di sostituire il termine "pensante" con "riconoscente" o "percettivo". Un esempio che ha fatto mi è piaciuto tanto: Se noi inciampiamo e ritroviamo l'equilibrio, non lo dobbiamo al fatto che abbiamo pensato di mettere il piede in un determinato modo, ma lo dobbiamo al fatto che in quella frazione di secondo siamo riusciti a reagire. Se avessimo pensato e ragionato sul cosa fare mentre stavamo per cadere, saremmo caduti.

Un esempio che faccio io, essendo un ex calciatore che tentava il dribbling, lo faccio su Zielinski. Il centrocampista del Napoli è uno dei migliori calciatori della Serie A nel fare le finte con il corpo e con le gambe. Quando Zielinski fa quelle finte e, successivamente, salta l'uomo, dubito che pensi, in quella frazione di secondo "ok, l'avversario si è spostato verso destra quindi vado dall'altra parte". Lui capisce la situazione e in brevissimo tempo reagisce. Voglio precisare un'altra cosa: il "giocatore pensante", a parer mio, è un equivoco. Ma già da come viene descritto. Il giocatore pensante può esistere, ma non ha le caratteristiche descritte da tante persone.


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